Dovremmo riandare all’indietro di secoli e secoli per raccontare gli albori della prima produzione e della presenza del vino nell’alimentazione umana. Vino e vigneti raccontano la nostra storia sin dall’antichità poiché rappresentano e sono, essi stessi, espressioni di economie, culture popolari e tradizioni. Così, lungo un tempo variegato, sono nati e si sono consolidati i metodi, le caratteristiche, le qualità e i nomi di vitigni e vigneti diventando quei cardini che oggi compongono il grande mondo enologico in ogni parte del pianeta. Persino là dove il vino si produce e si beve con più moderazione. Ogni passaggio una conquista, un motivo per essere così come è arrivato fino a noi. Sul fondo, la stessa identica curiosità che, nel tempo, ha attratto l’attenzione di tanti operatori del mondo ecologico e, ovviamente, della platea immensa a cui il vino si offre. Perché le bottiglie di vino sono sempre da 75 cl? Per quale motivo questo standard è diventato internazionale e viene ovunque rispettato.
Un po’ di storia
Di imbottigliamento si inizia a parlare sin dal XVIII secolo quando il vino si decise di metterlo in contenitori di vetro. Un momento nel quale, tuttavia, uno standard circa la capienza delle bottiglie poteva essere variabile poiché mancava una regola condivisa. Non a caso le prime bottiglie che si decideva di commercializzare avevano una capienza compresa tra i 70 cl e 1 litro e la differenza era determinata dal produttore e dall’abilità dei soffiatori di vetro coinvolti nella produzione. Sarà questa figura, il soffiatore di vetro ad assumere un ruolo cardine in questa storia, la loro capacità di Questi prelevare dal forno, con l’ausilio di una cannuccia di ferro, la pasta vetrosa e di soffiare nella cannuccia. Spatole, pinze con diversi altri “attrezzi del mestiere” consentivano di produrre bottiglie nelle dimensioni e nelle forme desiderate. Ognuno poteva fare la differenza. Quando si arriverà alle produzioni industriali nascerà anche l’esigenza di omologarsi ad uno standard simile. Si avviò così il percorso che nel tempo porterà a stabilire nella dimensione di 75 cl la bottiglia scelta. Eppure nel 1975 una Direttiva Europea sugli imballaggi (Dir. 75/106) decretò che il vino poteva essere messo in commercio solo in recipienti da 25-37,5-50-75 cl fino a 1-1,5 l. Non a caso, per poter utilizzare bottiglie con capienza differente dalle misure indicate nella normativa le varie regioni vinicole e i loro produttori devono chiedere uno speciale permesso all’Unione Europea. Come in Europa anche in altri contesti geografici e produttivi si mossero per dare ai produttori regole (e misure) condivise. Un ventaglio dal quale però, di fatto, tutti i produttori nazionali ed internazionali sceglievano la capienza di 75 cl portandola a diventare, come poi è accaduto, il formato standard più condiviso. Come e, soprattutto, perché si sia arrivati a considerare la 75 cl la dimensione più diffusa è stato ed è, da sempre, tema di grande curiosità che qui cercheremo di soddisfare con una sola avvertenza: che non c’è nessuna certezza ma alcune verosimilissime ipotesi da poter considerare.
Una bottiglia legata alla “capacità” dei soffiatori di vetro
Certamente è la più accattivante delle ipotesi quella che vorrebbe far derivare la scelta del formato da 75 cl sulla “capacità polmonare” degli antichi soffiatori vetrai. Questo spiegherebbe anche il ruolo determinante avuto, prima delle industrializzazione a cui la produzione vitivinicola su soggetta, dei soffiatori di vetro che ne sceglievano di fatto forma e capienza delle singole bottiglie a seconda anche delle abilità personali. Pertanto, se essi erano in grado di soffiare in un colpo e con maggiore possibilità bottiglie fino a 65 – 75 cl furono queste capienze a prevalere tanto che i produttori, da cui i soffiatori dipendevano, avrebbero deciso per convenienza il formato di 75 cl tanto da farlo diventare il più comune anche successivamente.
Una bottiglia da 75 cl perché tale misura è un 1/6 di gallone
A far avanzare questa seconda ipotesi, e cioè che la capienza di 75 cl sia stata dominante, mette in gioco il ruolo della rivoluzione industriale e del Regno Unito lì dove, del resto, sembra si sia avviato, per la prima volta, l’utilizzo delle bottiglie di vetro per la conservazione del vino. E poiché l’unità di misura dei liquidi nei Paesi anglosassoni è il gallone la capienza di 75 cl corrisponde esattamente a circa 4,5 litri. Nel Regno Unito, inoltre, le casse che trasportavano vino contengono 2 galloni di vino e cioè 9 litri circa. Per questo si sarebbe deciso che in queste casse le bottiglie dovessero essere 12 per avvantaggiarne il trasporto e rendere fruttuoso il sistema di commercio e trasporto del vino prodotto. L’ausilio della matematica è presto fatto: 12 bottiglie da 0,75 cl l’una sommano i 9 litri di vino a cassa. Un calcolo che dal Regno Unito arrivò a convincere, per convenienza e pratica, il resto del mondo e così avvenne.
Una bottiglia di 75 cl perché in osteria così si voleva
La terza ipotesi, anch’essa molto convincente, ci dice che la capienza di 75 cl fosse stata introdotta da esigenze d’osteria dove il vino “regnava”. Il calcolo di 6 bicchieri di vino da 125 ml (quello più diffuso in osteria) porta ad una bottiglia di 75 cl.. Così il lavoro dell’oste era facilitato conoscendo con faciltà la quantità di bottiglie da stappare per soddisfare le richieste dei propri clienti. E non solo. tale scelta di capienza sarebbe stato suggerito anche dal fatto che 6 bicchieri erano il limite massimo, in certi paesi, da poter servire ad ogni singolo cliente per evitare spiacevoli sorprese.
Una bottiglie da 75 cl per una questione di peso e di praticità
Questa ipotesi è del tutto legata ad una questione di peso e di praticità se pensiamo che il peso complessivo della bottiglia di vino è dato dal vetro + il vino che esso contiene. Così pur di facilitare gli stessi parametri la scelta cadde su bottiglie da 75 cl a cui aggiungendo il peso specifico del vetro si raggiungesse il chilogrammo. Non è un caso se il peso del vetro di una bottiglia da 75 cl e del vino in essa contenuta, il più delle volte, arriva al chilogrammo.
Comunque sia, il mondo del vino porta con se il suo fascino. E se di tutte queste ipotesi (assieme ad altre meno diffuse) nessuno di noi può far prevalere una di esse sulle altre tanto da essere accreditata con autorevolezza, desta parimenti lo stesso fascino continuare a chiedersi quale arcano mistero abbai prodotto ciò che oggi è ormai una consuetudine che nessuno ha in mente di rivoluzionare.